Lettera aperta a Gino Strada


Egr. Dott. Strada,

Le sue affermazioni sulla sanità pubblica e privata nel contesto calabrese mi hanno spinto ad una riflessione sulla base anche della mia esperienza professionale in Calabria. Sento l’esigenza di condividerla con lei.

Da biologo molecolare 62enne che ha speso la propria vita personale e professionale nella ricerca nel campo dell’ematologia, dell’oncologia e della medicina rigenerativa, ho avuto esperienze dirette sia con la sanità pubblica sia con quella privata.
Nella mia carriera sono stato “mantenuto” dalle donazioni dei privati che hanno creduto nelle mie idee, permettendomi così di sviluppare lavori scientifici riconosciuti a livello internazionale.
Senza di loro le idee sarebbero rimaste nella mia testa.

Terminata quell’esperienza quando sono terminati i fondi privati – quelli pubblici non sono mai esistiti… – mi sono dedicato, da volontario, alla diagnostica molecolare presso il Dipartimento Onco Ematologico dell’ospedale “Pugliese Ciaccio” di Catanzaro, dove mi sono occupato di diagnostica di secondo livello, follow up e farmacogenetica.
È qui che ho potuto constatare come, prima del mio arrivo, questi esami super specialistici venissero inviati al Nord per essere eseguiti lì.

Comprenderà benissimo le implicazioni economiche e sanitarie conseguenti alla possibilità di eseguire in loco tali esami e la loro ricaduta più che positiva sui Pazienti calabresi e sui conti dell’azienda, in termini di continuità diagnostica riferita alla presenza h24 di un Laboratorio, velocità dei tempi di refertazione e risorse economiche che restano nella nostra Regione.

Quell’attività, sostenuta dalle donazioni di una onlus locale con circa 400 euro, saltuari, al mese, ha dato vita ad un laboratorio che risulta tra i primi tre del Network Nazionale delle Leucemie Mieloidi Croniche.
I buoni risultati ottenuti e forse l’ingenuità mi avevano allora spinto a inoltrare diverse richieste all’azienda, perché potenziasse i servizi pubblici per la Biologia Molecolare in oncologia ed ematologia, convinto che fosse il modo giusto per migliorare la risposta sanitaria pubblica in Calabria.
Quelle richieste sono rimaste tristemente inevase.

Nel 2017, quindi, considerato che il pubblico non mi dava la possibilità di fare ciò che so fare, ho deciso di intraprendere l’attività da privato allestendo, con una collega, un laboratorio di genetica molecolare in cui offrire un servizio di alto valore scientifico che, altrimenti, è destinato ad essere offerto dalle regioni del Nord.
Questa iniziativa privata, ad oggi, non ha ancora visto il completamento delle procedure perché le documentazioni presentate tardano ad uscire dalle stanze e stazionano, “odiosamente”, sulle scrivanie dei burocrati nominati dal pubblico – sarà questa la mafia di cui parla spesso anche il procuratore Gratteri? – e il servizio alla collettività, seppur da privati, non possiamo offrirlo.
Il risultato è che i Pazienti, che necessitano di esami specifici, sono costretti a rivolgersi fuori dai confini regionali.
I soldi vanno quindi nelle casse di società del Nord, mentre in Calabria non possiamo né offrire un servizio necessario né creare lavoro professionalizzato.
E non possiamo farlo non perché non ne abbiamo le competenze.

La mia esperienza diretta, quindi, non può che insinuare un dubbio opprimente: esiste, mi domando, un progetto che favorisca le attività sanitarie fuori regione? Sono fondate le inchieste su strutture sanitarie e laboratori, soprattutto al Nord, sostenuti dalla disperazione dei Pazienti con conseguente emigrazione sanitaria dalle regioni del Mezzogiorno?
Vorrei non credere all’esistenza di una politica tanto bieca da ignorare i bisogni dei Pazienti e incrementare, consapevolmente, un deficit di bilancio già disastroso.

Alla luce di quanto sopra, allora, non potrei che essere più che d’accordo con lei: la sanità pubblica deve essere potenziata, forse anche al limite dello “statalismo”.
Però c’è un “però”: se questa possibilità è preclusa da un sistema vizioso che impedisce che il pubblico funzioni come dovrebbe, credo l’unico modo per far sì, in tempi ragionevoli, che il sistema sanitario della Calabria funzioni sia quello di trovare un compromesso al rialzo tra il pubblico (che qui chiamerei il “sociale”) e il privato (il capitalismo).
Un compromesso capace, finalmente, di interrompere una commistione pubblico-privato malsana.

Auspico, dunque, che si creino le condizioni giuste per dare vita ad un nuovo sistema sanitario regionale al servizio della cittadinanza che si fondi su un privato “etico” e un pubblico “efficiente”.
Attraverso la definizione dei progetti e degli obiettivi che le due parti devono raggiungere, ognuna per le proprie capacità e competenze specifiche, credo si possa così ottenere ciò che in poche in parole chiamerei “capitalismo sociale”, ovvero la collaborazione seria, professionale, etica tra due entità che, con progetti ad obiettivi, non possono essere messe l’una contro l’altra ma assieme devono mettere al centro il Cittadino-Paziente e la salute.

Antonio Russo
Biologo