Codacons: In Calabria viene negato il diritto alla salute


Pronti a denunciare la Regione per interruzione di pubblico servizio. L’Ordinanza 82 certifica 9 mesi di inerzia da parte della Regione. 

Da domani niente più prestazioni sanitarie negli ospedali e negli ambulatori (pubblici). Certo, in fondo si tratta soltanto di quelle “differibili e programmate” che già registravano tempi biblici. E pazienza se qualcuno, nel frattempo, morirà di sanità negata.
La ragione, ci viene spiegato, sono le strutture pubbliche al collasso.

Ed allora all’attuale presidente Antonino Spirlì è venuta la grandiosa idea di decidere, come fosse Dio in terra, chi abbia diritto a ricevere cure e chi no. Ovviamente coadiuvato dall’immortale Antonio Belcastro – sostiene Francesco Di Lieto, vicepresidente nazionale del Codacons.

Dopo la vicenda dei tamponi forniti nottetempo agli “amici”, riducendo la Protezione Civile ad uno spaccio aziendale; dopo il tentativo di mandare in gita i malati di Villa Torano (forse per diffondere meglio il virus), fortunatamente sventato dai Carabinieri, oppure l’incredibile confusione sull’affaire “Domus Aurea”, con il comico tentativo di spostare i pazienti presso reparti inesistenti…pensavamo che del Dott. Belcastro si fossero perse le tracce.

Non a caso lo scorso maggio non gli era stato rinnovato l’incarico al vertice del Dipartimento Regionale della salute.
Eppure ancora oggi il Dott. “highlander” Belcastro continua a gestire l’emergenza nella nostra regione.
Mentre il presidente Spirlì decide chi non può ricevere le cure, ricordando Josef Mengele, il Dott. Morte, quello che decideva chi poteva vivere o morire fra i nuovi arrivati al campo di Auschwitz.

Da domani, fino al 24 novembre saranno erogate solo le prestazioni d’urgenza. Gli altri si arrangino.
C’è un limite a tutto. Che siano i protagonisti dello sfascio della sanità calabrese a decidere, senza alcuna vergogna, chi possa fare a meno delle cure, comprimendo il sacrosanto diritto alla salute – si legge in una nota del Codacons – appare davvero un paradosso.

Ovviamente si tratta di uno stop che riguarda le strutture pubbliche, perché il “privato” non si può toccare.
Bisognerà, quindi, riprogrammare gli appuntamenti …a data da destinarsi.
Una gestione francamente imbarazzante che certifica come in questi nove mesi la Regione Calabria non abbia fatto nulla.
Neppure spendere gli oltre cento milioni di euro messi a disposizione per tentare di fronteggiare l’emergenza sanitaria.
Neppure potenziare le terapie intensive, visto che gli ospedali sono saturi.

Dei ventilatori polmonari meglio non parlarne, dopo la figuraccia del responsabile della Protezione civile che, sghignazzando in favor di telecamera, dichiarava di non sapere neppure cosa fossero.
Per non parlare di come siano stati spesi i fondi destinati ad implementare i trasporti pubblici. Il problema, in fondo, è la scuola non certo gli autobus o i treni sempre più simili a pollai. O della necessità di creare delle “bolle” per proteggere i nostri anziani che dimorano nelle case di riposo.

Quindi, dopo un’estate a raccontare la favoletta che l’unico rischio era quello di ingrassare, tanto da pubblicizzare il progetto #Notti Sicure, proprio per consentire ai giovani di spostarsi (ed infettarsi) meglio tra i luoghi di divertimento, eccoci a fare i conti con l’arrogante pochezza di chi doveva pensare a come fronteggiare la “seconda ondata”.
E i nostri eroi come intendono fronteggiarla? Semplice: con lo stop a tantissime prestazioni sanitarie, già programmate da tempo e che ora subiranno ulteriori rinvii.
Semplicemente vergognoso.

Il Codacons ha deciso di denunciare per interruzione di pubblico servizio il Presidente della Regione Calabria perché non può essere consentito, soprattutto in una regione che registra tempi d’attesa biblici, negare il diritto alle cure mediche.
Nel nostro paese dovrebbe essere vietato sospendere le attività di prenotazione delle prestazioni per cui sono previsti tempi massimi d’attesa – conclude Di Lieto.

Per queste ragioni il Codacons ha chiesto un immediato intervento da parte del Ministro della Salute, dinanzi ad un diritto costituzionale clamorosamente negato. Non foss’altro che per rispetto a chi soffre.
Ora la parola passa alla Procura per verificare la configurabilità del reato di interruzione di pubblico servizio, nonché per accertare l’esistenza di una “regia occulta” che approfittando delle inefficienze della sanità pubblica, finisce per avvantaggiare illegittimamente soggetti privati.