Ora ve lo dico sul serio. Non con 1.700.000, non con 170.000, ma con 17.000 euro e un poco di aiuto di sindaci in logistica, io vi mostro tutta la Calabria in cinque minuti: mare, colli, montagne, città, castelli, chiese, vini, cibarie, tradizioni, cultura… Come mai? Ma perché io la conosco, e chi no, no.
L’intenzione della compianta Santelli era generosa, ma il modo è stato del tutto sbagliato: affidarsi alla cieca a uno che nulla sa della Calabria, e passi; e che nulla ha fatto per saperne qualcosa; né la Regione ha detto a Muccino come e da chi informarsi. L’errore di fondo, tuttavia, è aver scelto Muccino, un regista di “telefoni bianchi” e storielle zuccherose: tutto il contrario della millenaria aspra vicenda e della natura della nostra epica e selvatica terra, che tutto fu, dai tempi degli Enotri, tranne che melensa e dolciastra.
La maggioranza di cdx, da me mille volte anche personalmente avvertita, è stata anche personalmente scortese. Ora qualche consigliere regionale di (finta) opposizione, finora mutissimo, chiede il rendiconto del famoso corto, per vedere quanto è costato, e quindi se e quanto avanza di 1.700.000 €. Secondo me, tantissimo, anche ad aver speso 0.1 € per un bergamotto, 0.30 per l’arancia, 100.00 per il fitto dell’asino; e un poco di benzina per i due viaggi segnalati nei titoli di coda; e 03,00 per la tovaglia del mercatino. Coraggio, sotto con i conti della serva.
A me interessa analizzare l’idea che sottende a una cosa come quella. Chi per la prima volta voglia capire la Calabria attraverso quel filmato, apprende che ci sono agrumi, asini, mare deserto, un muro diroccato, e uno antico tenuto meno peggio. Fine della Calabria. Il povero Bova è costretto, da un testo poverissimo, a recitare la parte del ragazzone invecchiato Vitellone felliniano, e alla bella non fa vedere manco i Bronzi di Riace; e figuratevi il Drago, che Muccino magari pensa sia una cosa dei cartoni animati. Insomma, Muccino pensa a turisti analfabeti di ritorno.
A proposito di arance senza soppressate e vino, ho il legittimo dubbio che Muccino, o chi per lui, siano nella scia del politicamente corretto; il che è davvero pericoloso. Calabresi, tutti in prima linea per difendere i sacrosanti derivati del maiale e dell’uva, minacciati da manie salutiste e tabù forestieri!
Ed è fin troppo evidente che il turista che Muccino ha in mente è persona digiuna di ogni curiosità non dico culturale, ma, come si dice oggi, esperienziale. Esperienziale significa che il forestiero, oggi, non si contenta di un qualsiasi mare e di un qualsiasi tramonto, che tanto sono tutti uguali in ogni altro canto del pianeta, ma vorrebbe sapere anche la storia, le tradizioni, il patrimonio archeologico, artistico, di costume, la religione, e il rapporto con il cibo… e mangiare. Gli agrumi sono la frutta, mica pietanza! Sì, ragazzi, siamo alla frutta!
C’è una grande varietà di turismo: di mare, di montagna, agriturismo, culturale, termale, di riposo, religioso, di studio… e queste varietà, state bene attenti, non separano le tipologie di turisti, ma spesso convivono nella stessa persona; la quale, fatto il bagno, vorrebbe anche un museo, del teatro, del cinema, un concerto, una festa di piazza… tutte cose che in Calabria ci sono come e spesso più di gran parte del resto del mondo. Il nostro patrimonio culturale e monumentale è di tipo disseminato, perciò quasi ogni paese ha la sua attrattiva particolare.
Di ciò, io mi chiedo a quale mente acuta poté venire l’idea di una tale pochezza di concetto e di esecuzione? Ragazzi, io credo che ci sia sotto una malattia ideologica, un morbo dell’anima, che si sta diffondendo nell’Occidente affetto da “veternus”: così i Latini chiamavano la depressione, il male dei vecchi. Qualcuno pensa, probabilmente, che una Calabria di coppola e asini sia la “decrescita felice”, cioè il progetto di morire di fame tutti per evitare che lo 0.1% muoia d’inquinamento. Ecco la Calabria riserva indiana, ecco il giovanotto pigro sparapanzato sulla sedia, in attesa di reddito o altri sussidi. Ecco il mare senza che nessuno si affatichi a piantarci un ombrellone. Ecco pranzi e cene a base… no, con le sole clementine. Ecco la bufala della Calabria “incontaminata”: e qui fidatevi di me che faccio, nei ritagli di tempo, lo storico, se vi assicuro che la Calabria è contaminatissima almeno dai giorni lontani del re Italo, che, nei sissizi, si abbuffava di capicollo; quindi allevava suini a botte di ghiande di querce dei boschi, altro che mandarini! E brindava in onore di “Diòniso, il dio che regna sull’Italia”. Non è colpa mia se Muccino non ha letto Sofocle; noi ci beviamo sopra.
La Calabria ha bisogno di tutto il contrario dell’asino e delle coppole in ozio: servono lavoro, progresso, tecnologia, dinamismo… anche per fare turismo come si deve.
Ulderico Nisticò