Clandestini e processi


Gasperina

L’estrema degenerazione delle democrazie si ha quando, indebolendosi il potere esecutivo, invale la dicastocrazia, cioè i giudici non giudicano ma comandano; e per comandare ispirano, o direttamente emanano, leggi contraddittorie e farraginose, o interpretano leggi vecchie in maniera nuova. Ed ecco l’uso politico della Giustizia: Palamara insegna.

Oggi, 3 ottobre, viene processato Salvini. Io lo processerei non una ma un milione di volte, per quando, credendosi furbo, ci regalò la Azzolina e la Lamorgese; ma non potrei farlo, perché sarebbe, appunto, un processo politico; e invece, il fatale 8 agosto 2019, Salvini commise una colossale sciocchezza, però legale. Oggi viene processato per aver tenuto in mare dei clandestini; mentre la Lamorgese, che fece lo stesso sotto elezioni per non perdere voti, non ha ricevuto nemmeno un cicchetto. Poi dite che uno piglia sul serio i giudici?

Attenti, ai processi: essi sono come le sabbie mobili della montuosa Lacina, dove uno mette per caso un alluce, e, risucchiato, si ritrova al mare. Attento dunque, mio buon amico Gallello, sindaco di Gasperina, e fautore – fino ad avant’ieri, poi no – dell’accoglienza: se qualche accogliomane ti denunzia per razzismo, e con te tutti gli abitanti di Pilinga, finisci a Siano; e mi dispiacerebbe moltissimo. Non era meglio se mi davi retta, quando ti proposi uno studio scientifico su Pilinga, e, come il 95% della cultura in Calabria, finì a “che bella idea”, e amen?

Un tunisino sperona nave della Guardia di Finanza, ed è in galera. Carola, che ha fatto la stessa identica cosa, non solo è a spasso, ma le hanno trovato un posto nel Calendario dei santi. È atea, e comunque di matrice protestante, quindi ai santi non crede, però un altare può fare sempre comodo.
Dei finanzieri di Crotone rischiano la vita per salvare dei clandestini, e vengono accusati di tentato omicidio. Spero che la Guardia di Finanza paghi loro l’avvocato, o sono rovinati a vita, loro e i figli dei figli, et qui nascentur ab illis.

A questo punto, ci scappa il paragone storico, se no non mi diverto. Nela terza fase della Guerra del Peloponneso, Atene andava malissimo; e Sparta, capita la musica, si era dotata di una potente flotta. Come fu come non fu, nel 406 gli Ateniesi riuscirono a battere una squadra peloponnesiaca alle Arginuse. Tornati gloriosamente, gli ammiragli vennero insignititi di medaglia d’oro, pensate voi? Ma no, processati e condannati a morte in base a una delle infinite leggi di Atene, per non essersi fermati a raccogliere i morti. Li processò una banda di sfaccendati, il tribunale popolare dell’Eliea, quello che, sette anni dopo, renderà lo stesso servizio a Socrate, democraticamente spedito, stando al Fedone, nell’Iperuranio.

Come finì, nel 404-2? I successori degli strateghi condannati erano una tale manica di imbecilli che, ad Egospotami, fecero approdare le navi e mandarono gli equipaggi a terra; arrivò Lisandro, e distrusse la flotta. Siccome la storia si svaga più ancora di me, Egospotami vuol dire “fiume della capra”! Allenato, Lisandro distruggerà le Lunghe Mura, abbattendole con fragore, mentre la baritonale scena era accompagnata da un’orchestra di agghiaccianti acutissimi flauti. Che film!
Attenti ai giudici, ragazzi.

Ulderico Nisticò