La storiografia francese degli ultimi due secoli ha il merito di aver inventato la microstoria, cioè l’utilizzo di documenti non letterari o propriamente storiografici, ma anche personali, privati, notarili… per studiare i particolari e trarne storia generale.
Ottimo. Ma quando gli storici francesi mettono mano alla macrostoria, essi diventano del tutto inattendibili, giacché sentono un solo dovere: parlare bene della Francia. Esempio, Voltaire sull’Impero Romano d’Oriente, da lui chiamato con disprezzo “bizantino” e tacciato di ogni colpa e vizio e persino malattie fisiche. La Roma “bizantina” visse dal 395 al 1453; il potere di Carlo Magno, pochi anni dopo la sua morte era bell’e finito; quello di Napoleone, durò un decennio!!! Ma niente, gli storici francesi scrivono di Waterloo come fosse non l’immane legnata che fu, ma una specie di pareggio fuori casa.
L’esempio più evidente ce lo ha proprio Waterloo, battaglia alla fine della quale, come tutti sanno, il generale Cambronne rispose “Merde” all’ufficiale inglese che, uomo pratico, gli proponeva la resa. Cambronnne scrisse persino un libro per negare la puzzolente espressione, ma tutti credono a V. Hugo e nessuno a lui.
Il buffo è che gli storici italiani accademici scopiazzano i colleghi parigini; e nei nostri libri di testo trovate decine di pagine sulla Guerra dei cento anni, e una paginetta scarna e infastidita sulle vicende nazionali.
Muore la cantante Juliette Greco, anzianissima, e che, a modo suo, ebbe in vita grande successo. I “coccodrilli” tv e stampati si affrettano a informarci che “fu arrestata dalla Gestapo”; liberata, evidentemente, e viva e vegeta, ma come, non lo spiegano.
Ogni volta che si nomina un qualsiasi francese, maschietto o femminuccia, vissuto tra il 1940 e il 44, subito apprendiamo che era nella resistenza, eccetera. Ma siccome io non studio la storia sui testi francesi, ma per conto mio, vi comunico quanto segue.
Antefatti: nel 1814, nel 1815, nel 1870 eserciti tedeschi occuparono Parigi; l’Impero di Germania fu proclamato nella reggia di Versailles. Nel 1918, quando la Germania cadde per collasso interno, le sue truppe erano a cento chilometri dalla Tour Eiffel.
Nel 1939 la Francia era convinta di possedere il più forte esercito del mondo; tanto da promettere alla Polonia l’invio di imponenti forze… via Mar Nero. Il dittatore polacco Beck fu così pollo da crederci.
Dal settembre 1939, mesi di quasi nulla, tranne operazioni per mare e brevi scontri in Norvegia. A Natale, i soldati tedeschi e francesi si scambiarono auguri e beveraggi. Solo nel maggio del 1940 la Germania decise l’offensiva, che, mossa da un potentissimo Corpo d’Armata Gauderian di ben organizzati carri, annientò il nemico, dilagando a raggiera. Il militare francese medio, dopo vent’anni di esistenzialismo e cocaina, fuggì e basta. In 18 giorni, di nuovo i Tedeschi a Parigi. Due terzi della Francia vennero occupati; un terzo costituì lo Stato detto di Vichy.
La Francia smise di combattere. Le industrie francesi lavorarono a pieno ritmo per ordinazioni germaniche, e vennero profumatamente pagate in seri marchi e non inflazionati franchi. L’operaio francese conobbe, per la prima volta nella sua grama storia, i benefici di remunerazione e assistenza di cui gli operai tedeschi godevano dai tempi di Bismarck, e tanto più sotto il nazionalsocialismo. Sartre rappresentava i suoi drammi; Picasso esponeva i suoi quadri; i canzonettisti continuavano a piangere come prima della guerra, e come faranno dopo; sempre ben pagati, tipo intellettuali calabresi, per capirci.
Nel 1944, quando sbarcarono gli Angloamericani con qualche corpo francese di De Gaulle, si contò che la Francia lamentava 50.000 morti. Di questi, 3.500 marinai uccisi dall’attacco inglese subito dopo l’armistizio, nelle basi di Orano, Algeri, Dakar… e quasi tutti gli altri, operai delle fabbriche bombardate dai suddetti Britannici.
Ragazzi, i numeri sono numeri.
Siccome qualcosa si dovevano inventare, i Francesi crearono il mito di una resistenza eccetera. Così salvarono, ufficialmente, la faccia, e si presero i Comuni italiani di Briga e Tenda, sfuggiti nel 1860 al mercimonio di Cavour; e stavano per prendersi la Saar tedesca.
Dice un proverbio: “La France tombe sur les pieds”, la Francia cade sempre in piedi. Anzi, sui piedi degli altri.
Ora aspettiamo la morte del prossimo novantenne eroe oltramontano, per apprenderne le epiche glorie; e come gli Italiani ci cascheranno in tutte le università, licei, giornali e tv.
Ulderico Nisticò