Un post su Instagram, il terrore del contagio e una gestione dell’emergenza non sempre impeccabile.
Per tanti è un eroe. Per altri ancora, invece… A farsi un giro su Facebook, non ci si raccapezza molto in questa storia di virus, tamponi e discoteche nel Ferragosto nostrano.
Innanzitutto, bisognerebbe tentare di capire meglio di chi stiamo parlando, consci del fatto che la sua storia, le sue azioni, saranno, sicuramente, oggetto di opportuni approfondimenti nei prossimi giorni. Siamo sicuri della sua buona fede, ma questo “ragazzo” di 30 anni, consapevole o meno di quanto stava per accadere, nella sua generosa incoscienza ha metaforicamente sganciato una specie di “bomba” di panico nel pieno dell’estate calabrese, con conseguenze tutte ancora da decifrare.
Da un suo post su Instagram sono scaturite reazioni a catena che hanno coinvolto, in un colpo solo, migliaia di persone: famiglie, sindaci, aziende sanitarie, istituzioni locali a vari livelli, attività commerciali private e forze dell’ordine. “Sono positivo al Covid e ho frequentato due discoteche di Soverato, chi era lì in quei giorni si faccia il tampone” il senso del suo messaggio social.
Una modalità (diciamolo pure) certamente “poco ortodossa” per lanciare l’allarme su un possibile rischio sanitario, di così grave portata. In ogni caso, potenza della Rete, la cosa non è rimasta confinata a pochi amici. In poche ore quelle parole sono rimbalzate di cellulare in cellulare, arrivando sulla stampa locale e, infine, sulle principali testate giornalistiche nazionali (La Repubblica, la Stampa). Con effetti di portata mai vista.
La paura del virus ha alimentato un tam-tam impressionante, tanto da spingere le amministrazioni comunali della costa jonica catanzarese a chiudere, in tutta fretta, discoteche e sale da ballo all’aperto. Decisione, successivamente, estesa dalla governatrice Jole Santelli all’intero territorio regionale e accompagnata da una campagna di tamponi di massa sui frequentatori dei locali notturni segnalati nella famigerata “storia” di Instagram.
Le immagini delle tende triage allestite velocemente dall’Asp di Catanzaro e prese d’assalto da centinaia di giovani, ammassati uno sull’altro, hanno già fatto il giro del mondo. Sempre via social, l’autore del post, nel frattempo ricoverato in ospedale, pare abbia continuato a fornire nuove versioni della vicenda, a sua ulteriore discolpa.
Restano, quindi, ancora tanti gli aspetti da chiarire. Ma, soprattutto, una riflessione più ampia dovrebbe abbracciare l’intero sistema di gestione dell’emergenza. Potevamo considerarla tale (cioè “emergenza”) sei mesi fa, a febbraio, e non più adesso che abbiamo avuto modo di conoscere il coronavirus, studiarlo e adottare le opportune contromisure. Quanto alle discoteche: sono state chiuse a metà agosto (praticamente a fine stagione), sull’onda emotiva di un “caso” mediatico e non per una scelta responsabile, convinta, o una ponderata analisi della situazione. Il che lascia sempre il solito retrogusto di improvvisazione.
Francesco Pungitore