Comincio da me, così tappo la bocca agli spiritosi. Nel 2005, in un momento di confusione, anche io, nel mio piccolo, fui “società civile”, accettando la candidatura in una lista di Forza Italia: e non vi dico chi me la chiese! Nulla mi promisero o mi diedero, anzi, per costringerli a pagare, dopo mesi, i manifestini, dovetti fare la voce grossa. Quanto alla politica, vi posso assicurare che mai nella mia vita vidi un’Armata Brancaleone così scombinata e buffa di Forza Italia in Calabria. Presi distanze siderali; nessuno di quelli, da allora, mi avvicinò.
Prima di me, nel 1992, quando i partiti della Prima repubblica stavano crollando nel meritato fango e tentavano di salvarsi a nuoto, iniziò la caccia al nome rispettabile, detto, appunto, la società civile. Esempi: la Callipari, Peppino Chiaravalloti, Aldo Corasaniti, la Laganà Fortugno, Luigi M. Lombardi Satriani, la Lo Moro, Pino Nisticò, Vito Teti… eccetera. Il loro fallimento – politicamente parlando, ovvio – è sotto gli occhi di tutti. E oggi non scordiamo Viscomi sottratto al suo lavoro per fare invano il vice di Oliverio, e ancora più invano il deputato.
Nel 2019, centrosinistra e centro(destra), ugualmente nel pallone, cercavano soluzioni. Il centro(destra), che se uno sa appena leggere e scrivere lo emargina subito, altro che società civile, restò nella politica; i 5stelle, alla ventitreesima ora bussarono a un tranquillo professore, poi tacciato di mafia… da Morra dei 5stelle; il centrosinistra, dopo aver eliminato Oliverio, era davvero senza niente e senza nessuno. Che fare? Et voila, la società civile.
Un primo tentativo, meno male, andò buca… e non mi fate continuare; se ce furono altri, non so. A questo punto, spuntò Callipo.
Pippo Callipo era ed è uomo di grande prestigio come operatore economico; e noto per interventi polemici: è sua la famosa battuta “prenditori, non imprenditori”, riferita a quelli che pigliano soldi da Stato, Regione eccetera, e scappano. Se proprio doveva mettersi in politica, qualcuno lo vedeva con gli stellati; molti speravano che facesse una lista rivoluzionaria, da solo, appellandosi alla Calabria. Qualche matto l’avrebbe trovato, magari anche solo per poter fare un’opposizione dura e pura e senza memorie dell’ignobile passato.
E invece, la prima delusione. Dopo andirivieni non meritevoli di essere ricordati, scoppia la bom… il petardo: Callipo candidato se non con, assieme al PD. Che ci facesse a sinistra, Callipo, resta un insondabile mistero. Il PD, il partito di Oliverio eccetera: alla faccia della rivoluzione!
Così il 26 gennaio andò a finire che molti non votarono PD perché c’era Callipo; e moltissimi non votarono Callipo perché c’era il PD: quel PD che, senza dire di quando erano PCI e DC, aveva malamente governato nei cinque anni precedenti. Donde la pesante legnata elettorale.
Se, per un purissimo caso, Callipo avesse vinto e amministrato, forse avremmo apprezzato qualche sua umana e professionale qualità… sempre che il PD glielo permettesse, del che fortemente dubito. Costretto all’opposizione, Callipo non seppe muoversi, in un terreno a lui ignoto. Il caso vitalizi mostra quanto fosse sprovveduto di politica. Che ci restava a fare, in Consiglio?
Ora si giustifichi con i suoi elettori, però. Io ne conosco tanti che lo hanno votato in specchiatissima buona fede, e quindi fidandosi di lui. Avrebbe dovuto consultarli, prima di andarsene così, alla chetichella. E se deve parlare, non sia politicamente corretto e non guardi in faccia nessuno: fuori la verità tutta intera.
Ah, quasi quasi dimenticavo: chi prenderà il posto di Callipo? Pare che ne vedremo delle belle. E anche a questo doveva pensare, Pippo.
Ma è finita; torni a quello in cui eccelle, e lo faccia per i Calabresi e per se stesso.
La sua vicenda, intanto, è un’altra prova della debolezza politica della Calabria, una malattia antica che non si risolve con le improvvisazioni e i miracoli e tirando fuori più o meno illustri nomi.
Ulderico Nisticò