“Prendetevela con me”, risposta a Gabriele Francavilla e a quanti mi hanno scritto in privato


Premetto, chiedendo scusa, che non intendo rispondere ad altre eventuali repliche . Il mio intento non era certo quello di mettermi in evidenza, approfittando di questa drammatica situazione, tutt’altro.

Caro Gabriele, da ragazzo attento e scrupoloso, non ti sarà certo sfuggito che il senso del mio articolo non era un invito a non rispettare le regole, affatto. Né le avrei boicottate io. Quando ho scritto che sarei andato a prenderli a piedi, era un modo per dire che avrei fatto di tutto, ma sempre rispettando i protocolli e fin quando era possibile muoversi prima dell’ultimo decreto, ovviamente. Il fine del mio scritto era semplicemente un invito a non scagliarsi contro chi decide di venire in Calabria, rispettando tutti i protocolli.

Non credo che a un ragazzo sveglio e attento come te sia sfuggito che quando l’epidemia o pandemia si è diffusa in Cina, in Italia ce ne stavamo tranquilli perché il virus era lontano. Poi è arrivata in Lombardia e noi in Calabria, cittadella regionale inclusa, stavamo tranquilli perché Milano è lontana. Non abbiamo fatto assolutamente niente, predisponendo alcunché! Stavamo tranquilli e ci giungevano rassicuranti le parole di Salvini e del sindaco di Bergamo, Gori, che il 28 febbraio con articoli corredati di foto, invitavano i cittadini lombardi a uscire di casa e frequentare i locali pubblici perché l’allarmismo era esagerato.

Intanto il 20 febbraio persone scese in Calabria dalla Lombardia si sono messi in contatto con l’ospedale di Catanzaro per sottoporsi a tampone, ricevendo questa risposta: “Noi non abbiamo ricevuto alcun comunicato dalla Regione Calabria, non abbiamo tamponi né siamo stati informati ancora di nulla a riguardo.” Questo il 20 febbraio, addirittura qualche genitore mi ha scritto che la situazione era la stessa anche nei giorni immediatamente dopo. Ma tutti evitiamo di parlare di queste negligenze, e di altre che hanno ridotto la nostra sanità pubblica in queste condizioni, preferendo la via più facile, scagliandoci contro i più deboli. Contro chi, rispettando le regole, decide di venire e stare accanto al proprio genitore malato, a un parente o chicchessia. Perché l’aspetto straziante di questo virus è che non sono permesse visite al malcapitato, né funerali o telefonini. Si muore soli.

Allora, Gabriele caro, preferiamo non pretendere che si facciano controlli adeguati, come sarebbe nel nostro diritto, così non attacchiamo quei poteri forti che in Calabria prima o poi possono tornarci comodo, ma dar via a una caccia all’uomo che trovo inaccettabile. Sarebbe invece opportuno continuare a insistere e sottolineare l’importanza del rispetto delle regole, piuttosto che armare la mano destra.
La guerra imbruttisce e non ce ne accorgiamo neanche. Mi auguro solo che la nostra gente non smarrisca quei valori umani che ci hanno contraddistinto.

Un caro saluto
Gregorio Calabretta

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