“Chi ***** m’accucchiati Pro Calabria?”


Mastro Bruno Pelaggi, di Serra, morì nel 1912, dopo una vita di “eu poeta no’ ssu, ca scarpirhinu”, ma lasciando bei versi sarcastici, satirici, ribelli, vergati nel maschio ed espressivo dialetto serrese; espressività che, in questo articolo, abbiamo affidato agli asterischi.

Pro Calabria era una provvidenza governativa, forse dopo il grave terremoto del 1905; o comunque “a favore” di una terra che aveva tantissimi bisogni… e oggi, nel 2020, in proporzione sta in condizioni più disastrose.

E non scherzo. Nel 1905 da solo due anni volava un aereo più pesante dell’aria; le automobili erano ancora giocattoli per aristocratici; la radio doveva essere inventata; rari i telefoni… Oggi, tenendo conto di una tecnologia immensamente progredita, e con potenzialità infinitamente superiori, la Calabria del 2020 è messa, rispetto al 2020, peggio di quella del 1905.

Dati ufficiali affermano che, su 360 regioni d’Europa (ora, detratte quelle brexit, saranno di meno), la Calabria è terzultima; e solo grazie a Melilla, uno scoglio africano della Spagna, e un buco disperato della Tracia greca non ricordo come si chiama; o sarebbe ultima: ma se s’impegna…

Ogni tanto, qualcuno vuole salvare la Calabria. Qualcuno lo fece sul serio, come Michele Bianchi e Luigi Razza con le industrie di Crotone e Vibo, quelle piccolo medie come il nostro Quarzo (1937), le strade, le bonifiche… un minimo di idea fu, nel dopoguerra, l’Opera Sila, ma durò pochissimo e fu piena di truffe varie… Poi venne la stagione dei disonesti magliari della Prima repubblica, con Centro Siderurgico, SIR, Saline, Isotta Fraschini e altre voragini di soldi senza mai produrre un *****, come direbbe mastro Bruno; con grande gaudio di politici, borghesacci, massoni “deviati”, progettisti, appaltatori, intellettuali piagnoni e mafia. In quest’ordine di disonestà, e non il contrario.

Ecco, siccome gli attuali politicanti non sono né Razza né Bianchi, quando sento parlare di piani per la Calabria, io immagino solo la nascita di enti, i soliti enti con presidente, vicepresidente, consiglieri, consulenti e nugoli di **** seduti su comode sedie, e con un operaio (01), ovviamente invalido civile e assente giustificato.

E invece, Conte, servono centinaia di operai e un dirigente (01) unico e factotum. Possibilmente di Trieste, come la copertina del tuo Piano Sud, che, secondo alcuni, proprio Trieste raffigura, nota località calabrese! E se no, è un qualsiasi mare, che di calabrese non ha un bel nulla, è solo uno scoglio con acqua. Ahahahahahahahahahahahahahahahahahahahahahahahahahahahahahahah… ahahah!

Conclusione. Alla Calabria non servono soldi che arrivino (ne abbiamo avuti a valanghe, e o sono tornati indietro vergini, o se li è mangiati qualcuno), ma soldi che la Calabria produca in Calabria. E i soldi seri e onesti sono quelli che si producono con l’unico modo serio e onesto: il lavoro. Lavoro nel senso di fatica. Il lavoratore calabrese deve fare in Calabria quello che fa benissimo quando emigra: spaccarsi la schiena, sudare. Perché quando emigra? Perché lì lo comandano, e se non esegue, a casa.

Ecco, basta applicare lo stesso metodo anche dallo Stretto al Pollino.
Ci sono occasioni di lavoro? Sì, a sufficienza: agricoltura, allevamento, boschi, miniere, piccola azienda, turismo vero e non 15 gg di chiasso, e cultura, arte, archeologia… Ci sono già, ma sono sfruttate al 10%; sotto con l’altro 90!
E il 90% produca sputando sangue; dietro la scrivania, solo il 10… e non mi fate continuare, se no vi spiego chi.

Ulderico Nisticò