Festival d’Autunno, Ron emoziona con il ricordo di Lucio Dalla


Eleganza e rispetto. Era quanto richiedeva l’approccio a un repertorio importante come quello di Lucio Dalla. Ieri sera al Teatro Politeama di Catanzaro nell’ambito del Festival d’Autunno, ideato e diretto da Antonietta Santacroce, si è consumata una di quelle serate che definire magiche potrebbe sembrare solo un eufemismo. Anticipato da una interessante masterclass l’omaggio di Ron all’amico di sempre, all’amico che ancora oggi lo accompagna nella sua vita artistica e umana, non è stato un semplice tributo. E’ stato molto di più: una “lettera” a cuore aperto che ad ogni concerto legge e rilegge con un affetto profondo che sprigiona infinite emozioni, rendendole vive e amplificandole all’infinito.

E quanto sia importante per Ron la sua “lettera” lo si è capito dal titolo che ha dato al tour, ma anche al suo recente album. Lucio!, con il punto esclamativo è più di un rafforzativo. E’ un urlo che entra impetuosamente nei cuori, devastandoli e facendoli sanguinare ad ogni nota, ad ogni pausa. Ron è l’interprete ideale dei brani scritti da Dalla, eseguiti in maniera personale e con molto coinvolgimento. Senza che nulla sia stato stravolto. Brani scritti insieme e non, che rappresentano una stagione della vita che non tramonterà mai.

Quanta delicatezza nell’approccio ad ognuno di essi. A partire dall’iniziale Almeno pensami, inedito che ha presentato nel 2018 al Festival di Sanremo. Almeno pensami/Senza pensarci pensami/Se vai lontano scrivimi/Anche senza mani scrivimi…/Se è troppo buio svegliati/Se stai dormendo sognami/Se mi sogni io sono lì/
Dentro di te”
. Versi semplici che parlano d’amore, lasciano senza fiato e provocano una profonda sensazione di tristezza. Lucio Dalla non c’è più, ma è lì a farsi amare. Ancora, come un tempo. E forse di più.

Un amore condiviso, prima del concerto, attraverso alcuni contributi video di colleghi, artisti e attori che hanno conosciuto Dalla, apprezzando pensieri e filosofia di vita prima ancora del suo essere musicista. Tra essi Pupi Avati, Gino Paoli, Renzo Arbore e Francesco De Gregori.

Ron è visibilmente commosso. Sullo schermo in fondo al palco, a distrarre il pubblico da quel sentimento intimo, appare la presentazione di 4 marzo 1943 partecipante al Festival di Sanremo del 1971. Immagini che hanno l’effetto di una macchina del tempo. Il nastro della memoria si è riavvolto a quella visione e ha vissuto un altro momento di grande nostalgia. Una sensazione vissuta grazie a quelle canzoni che per anni sono state compagne di vita. 4 marzo 1943 è stata più scarna nell’arrangiamento, mancante della parte del violino sostituito dal pianoforte. Ancora più scarna è stata l’esecuzione de Il cielo.  C’è sta grande intimità nelle esecuzioni di Tu non mi basti mai,  Henna, Stella di mare, Cara, Anna e Marco. Lucio Dalla avrà gradito. Ron ha cantato ma anche raccontato il suo amico, dandone una immagine più amplificata della sua grandezza. Un riconoscimento al suo valore.

Sul palcoscenico con Ron Roberto Di Virgilio, alla chitarra, Roberto Gallinelli, al basso, Elio Rivaglia, alla batteria, e Giuseppe Tassoni, al piano. Una band che ha saputo “tradurre” le sensazioni e l’amore di Ron per i brani inseriti in scaletta. In particolare Tassoni è riuscito a creare ricami sonori disegnati con sapienza. Una esibizione la sua, catanzarese di nascita, salutata con un lungo applauso dai suoi concittadini.

In alcuni momenti i musicisti sono stati sostituiti dalle basi preregistrate. Come nel caso di Piazza grande, Attenti al lupo, quest’ultima eseguita dall’Orchestra di Budapest, Canzone e Cara, entrambe in una versione orchestrale potente durante le quali Ron ha regalato grandissime interpretazioni. Una scelta dettata dal desiderio di dare una lettura più vicina alla versione originale, perché solo in quel modo avrebbero avuto una lettura perfetta. Ma la vera sorpresa, quella che ha creato emozioni forti è stata l’esecuzione di Com’è profondo il mare. Ron si è fatto da parte, quasi nascondendosi in un punto buio, e diventando un componente la band ha lasciato spazio alla voce registrata di Dalla. Un momento da brividi salutato calorosamente dal pubblico.

La conclusiva L’ultima luna non è bastata al pubblico. Le Rondini, Se io fossi un angelo e Tutta la vita sono state il vero atto conclusivo di una serata che ha vissuto un continuo crescendo di suggestioni, iniziata con la masterclass e finita con un concerto a cui il pubblico ha rivolto un lungo interminabile applauso.

IL festival d’Autunno vivrà un altro appuntamento dedicato ai cantautori giovedì 31 ottobre, al Teatro Politeama, con Cristiano De Andrè che rileggerà il lavoro di suo padre dando ampio spazio ai brani più famosi di Faber come “Don Raffaé”,  “Quello che non ho”, “Fiume Sand Creek” e Il pescatore. Sarà anche l’occasione di riascoltare tutti i brani di “Storia di un impiegato”, l’album di Fabrizio considerato un capolavoro inimitabile e al quale Cristiano darà una impronta personale, caratterizzata da nuovi arrangiamenti.