Appalti e corruzione all’ombra della ‘ndrangheta, politici e imprenditori arrestati in Lombardia


Corruzione, finanziamento illecito ai partiti politici, turbata libertà del procedimento di scelta del contraente, false fatturazione per operazioni inesistenti, auto riciclaggio e abusi d’ufficio.

Sono questi i reati contestati a vario titolo a 43 persone finite stamani in arresto (una dozzina quelle in carcere) in Lombardia e tra cui spiccano i nomi di esponenti politici, amministratori pubblici e imprenditori.

Ma spunta anche l’ombra della criminalità calabrese: uno degli indagati, centrale nell’inchiesta, Daniele D’Alfonso dell’azienda Ecol Service, imprenditore del settore dei rifiuti e delle bonifiche ambientali, è infatti l’unico al quale è stata contestata anche l’aggravante di aver agevolato il clan di ‘ndrangheta dei Molluso, in pratica facendone lavorare uomini e mezzi negli appalti che – secondo gli inquirenti – sarebbero stati ottenuti grazie alle tangenti.

L’accusa di associazione a delinquere per D’Alfonso ha colpito anche l’ex coordinatore provinciale di Forza Italia di Varese, Gioacchino Caianiello, indagato in relazione al Piano di governo del territorio e alle sue varianti.

Un altro nome “pesante” finito nell’inchiesta quello di Pietro Tatarella, candidato Azzurro nella circoscrizione Nord-Ovest alle Europee del 26 maggio prossimo.

E sempre tra le file di Forza Italia, in manette per corruzione anche il consigliere regionale e sottosegretario della Regione Lombardia all’area Expo nella giunta Fontana, Fabio Altitonante; mentre per l’ipotesi di finanziamento illecito è stata inoltrata richiesta alla Camera dei Deputati per l’autorizzazione all’arresto del parlamentare Diego Sozzari, vicecoordinatore in Piemonte del partito.

Tra i 43 coinvolti risultano, ancora, dirigenti di aziende municipalizzate e Comuni della Lombardia, come quello del direttore del settore Urbanistica di Milano (accusato di abuso d’ufficio) o, ancora, del responsabile operativo dell’azienda che gestisce i rifiuti nel capoluogo, l’Amsa, a cui si contesta la turbativa d’asta e la corruzione.


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