E’ una cravatta, interamente fatta a mano con tessuti biologici, come fibra di bambù, latte o mais, che può di essere indossata in 16 combinazioni diverse attraverso delle asole. E’ l’idea di Salvatore Taverniti, architetto di Guardavalle, nata da una contaminazione tra architettura, design e moda, un nuovo modo di pensare un accessorio immutato nel tempo.
La stessa è stata tra le novità assolute della seconda edizione del Catanzaro Design Week, il festival del design indipendente che si è concluso con successo pochi giorni fa. “Un giorno come tanti, racconta Taverniti, mi ritrovai ispirato da uno dei molteplici, piccoli oggetti che compongono un cantiere, la cosiddetta “cravatta”. Per chi è del mestiere come me, ne conosce benissimo la funzione di “saldare”, unire la casseratura. Provai allora ad andare oltre e a domandarmi “e se la classica cravatta diventasse un accessorio mutevole nelle sue composizioni unendo i particolari dell’utensile a quello dell’accessorio noto a tutti?”.
E fu così che il giovane professionista pensò di avvicinare due mondi diversi e apparentemente lontani, moda e architettura, adattando tagli e fessure dell’utensile alla classica striscia di tessuto, rendendola “innovativa”, adatta ad innumerevoli look, pronta per essere personalizzata in base alle occasioni o allo stato d’animo. Così nasce la cravatta sixT(I)Een, con sedici intriganti combinazioni, accostamenti e mescolanze. “Polvere e cemento, rabbia e soddisfazione, ma anche crescita e passione, tutto questo per me è il cantiere, conclude Taverniti, ogni giorno io e tante persone come me viviamo di tutto ciò, di ogni movimento, di ogni dettaglio che cresce e muta, spesso motivo di ispirazione per quello che sarà una prossima creatura”.