Il gup di Reggio Calabria, Filippo Aragona, ha condannato 49 persone, appartenenti alla cosca di ndrangheta di San Lorenzo, capeggiata dalla “famiglia” Paviglianiti, a 500 anni di carcere complessivi per i reati, contestati a vario titolo, di associazione mafiosa, estorsione, minacce, danneggiamenti e porto illegale di armi. Il giudice ha accolto l’impianto proposto dalla pubblica accusa, rappresentata dai sostituti procuratori distrettuali Antonella Crisafulli e Antonio De Bernardo. Il processo era scaturito dall’indagine, denominata “Ultima spiaggia”, condotta nel 2014 dai carabinieri del Comando provinciale di Reggio Calabria.
Le condanne più pesanti – 20 anni di reclusione – sono state comminate a Settimo Paviglianiti, Luca Cannizzaro, Giovanni Iacopino e Domenico Favasuli. Nell’indagine dei carabinieri erano rimasti coinvolti anche il capo dell’ufficio tecnico del Comune di San Lorenzo e due impiegati, giudicati con il rito ordinario, e l’ex comandante della Capitaneria di porto di Reggio Calabria, Vincenzo De Luca, ai quali la Procura distrettuale aveva contestato il reato di corruzione aggravata per avere favorito la ‘ndrangheta nella realizzazione di un lido a Marina di San Lorenzo. La posizione di Vincenzo De Luca era stata stralciata per un approfondimento d’indagine.