Rosso. Rosso come l’amore che fa sanguinare. Rosso come le ferite nel corpo e nell’anima che rimangono impresse in chi le subisce. Rosso come il colore delle scarpe assurte a simbolo della giornata internazionale scelta dalle Nazioni Unite per ricordare la violenza commessa contro le donne.
Ed ispirata al rosso è stata anche la coreografia del centro commerciale “Due Mari” volta a dare risalto all’iniziativa no stop voluta dall’Auser di Maida in occasione del 25 novembre, in collaborazione con l’Auser regionale, il Forum lametino del Terzo Settore, e con il sostegno del Centro Servizi al Volontariato della provincia di Catanzaro.
Nell’agorà del centro, dove la donna quotidianamente si reca a fare spese, l’Auser di Maida, presieduto da Graziella Catozza, ha voluto attivare il Punto Verde di Ascolto al quale si rivolgono gli utenti di ben cinque comuni del comprensorio (e presso il quale diverse persone, nel corso della giornata, hanno ottenuto preziosi consigli da parte dello psicologo Antonio Zaccone e dell’esperta Laura Dattilo che vi prestano gratuitamente consulenza), e dare vita ad un dibattito che ha coinvolto istituzioni ed esperti in materia. Con la moderazione del giornalista Pietro Melia, amministratori locali (erano presenti il sindaco di Decollatura Annamaria Cardamone e, per conto del comune di Maida, l’assessore Federica Cantafio), rappresentanti istituzionali (tra i quali la neo-consigliera regionale di Parità, Tonia Stumpo, ed il portavoce del Forum del Terzo Settore dell’Area Grecanica), sindacali e dei servizi territoriali (Claudia Carlino della segreteria regionale della CGIL e Mimma Caloiero, dirigente dell’ospedale “Giovanni Paolo II” di Lamezia Terme) ed associativi (Franco Mungari, presidente regionale dell’Auser, e suor Anna dell’associazione “Mago Merlino”) sono stati chiamati a sottolineare come la mancanza di una rete istituzionale ben organizzata penalizzi le donne non solo al momento dell’emergenza, ma anche nel predisporre piani di intervento che possano tutelarla e sostenerla nel suo ritorno in società.
C’è bisogno, dunque, di politiche giuste, che agevolino la formazione degli operatori e l’inserimento lavorativo delle donne maltrattate: i 362mila euro che la Regione Calabria distribuirà a nove centri antiviolenza e a due case rifugio, come ha avuto modo di chiarire la consigliera Stumpo, fanno già tirare un sospiro di sollievo a chi ogni giorno si adopera a favore delle donne, ma è importante che le regioni del Sud partecipino attivamente all’Osservatorio nazionale che mette in campo i piani antiviolenza.
Nel pomeriggio, moderato dalla giornalista Benedetta Garofalo assieme a Graziella Catozza dell’Auser, ampio spazio è stato dato alle testimonianze di donne che, in qualità di madre di una ragazza con disabilità l’una e di insegnante l’altra, hanno sperimentato personalmente l’importanza dell’educazione ai sentimenti ed alla diversità per abbattere il muro della diffidenza che spesso sfocia nella violenza.
C’è stato chi, poi, come la psicologa Lia Pallone, ha messo per iscritto le storie delle vittime che, oltre al peso del maltrattamento subito, portano anche la zavorra del senso di colpa, come triste conseguenza di una prassi sociale che, sulla scorta di falsi pregiudizi, trasforma le vittime in carnefici di loro stesse.
E chi, come Antonietta Mannarino, presidente dell’associazione “Amici con il Cuore” (tra le associazioni anche i clown volontari di “Vola”), ha messo in evidenza come il recupero degli uomini maltrattanti sia possibile. A fare da cornice alle scarpette rosse esposte, e ad abbellire le vetrine dei negozi attorno al palco improvvisato, sono stati infatti i sorprendenti oggetti in carta realizzati dai detenuti assieme ai volontari dell’associazione attraverso la tecnica dell’intreccio: a riprova del fatto che la semplice creatività, a volte, si rivela un prezioso antidoto contro l’aggressività spesso incontrollata.
Ed alla creatività è stata dedicata la seconda parte della giornata, attraverso le esibizioni canore, le sfilate, i balli e la realizzazione di toccanti video ad opera delle insegnanti e delle ballerine di ogni età (anche piccolissime) delle scuole di danza “Trilly” ed “Aurora Dance” di Amantea. L’arte, in tutte le sue forme, può rappresentare il mezzo più elevato per le donne di esprimersi e di buttarsi dietro alle spalle quanto subìto. Anche il finale cambiato di una favola può bastare a far accrescere la stima di quelle schiere di bambine cresciute con il falso “mito” delle principesse troppo buone che accettano di buon grado di essere “perfette” come gli altri vogliono. Per l’occasione, la favola di “Cappuccetto Rosso” è stata così rivisitata: e nel raccontarla, la Catozza ha ribadito che un finale diverso è possibile, con una Cappuccetto che scopre l’identità del Lupo e che evita, appunto, di venir mangiata.