Negli ultimi decenni ci sono state una serie di riforme del sistema pensionistico che hanno ridotto del 40% il valore reale delle pensioni rispetto al costo della vita. Gli anni di lavoro sono aumentati e come se non bastasse, ci sono importanti realtà lavorative dove, nonostante si raggiungono i requisiti contributivi richiesti dall’attuale legge Fornero 41 anni e dieci mesi per le donne e 42 anni e 10 mesi per gli uomini, non si può andare in pensione perché il datore di lavoro non ha versato i contributi.
I dipendenti dell’Azienda Sanitaria di Reggio Calabria, pronti ad andare in pensione per aver maturato il requisito contributivo o di età, non possono esercitare questo diritto perché la loro posizione assicurativa risulta vuota di una parte importante di contributi. Di fronte all’obbligo del datore di lavoro, di versare mensilmente la contribuzione, trattenuta in busta paga mensilmente a tutti i dipendenti, non versa i contributi e così facendo, viene meno il di uscita dal mondo del lavoro a coloro che raggiungono o hanno già raggiunto il requisito. In tal senso non sono ammissibili ritardi e omissioni lesivi del dettato costituzionale che, all’art. 36 ha così stabilito: la pensione deve essere proporzionata alla quantità e qualità del lavoro svolto in modo da garantire una vita libera e dignitosa al lavoratore ed alla sua famiglia. A meno che qualcuno non decida di cancellare la parola “quantità del lavoro svolto”.
L’omissione contributiva, fino a poco tempo fa, era un reato penale. Oggi questo reato, per effetto del Decreto n. 8/2016, è stato trasformato in illecito amministrativo. E però ciò non toglie che tali inadempimenti, di importo inferiore a € 10.000,00 annui, sono sanzionabili amministrativamente con multe che vanno da € 10.000,00 a € 50.000,00. Se queste sanzioni saranno applicate sui 3.500 dipendenti dell’ASP la somma da sborsare sarà di circa trentacinque milioni di euro, niente male per il piano di rientro dal debito sanitario che grava sulla sanità della provincia di Reggio Calabria.
Tra l’altro i provvedimenti annunciati dal governo, se pur molto discutibili, tendono ad anticipare l’uscita dal mondo del lavoro per i lavoratori nati dal 1951 al 1954. Questa legge finanziaria non troverà applicazione, se non si corre al più presto ai rimedi, in una azienda sanitaria come quella di Reggio Calabria, perché già oggi non si può andare in pensione con l’anzianità massima contributiva, figuriamoci con l’anticipo di pensione. Addirittura, alcuni di questi lavoratori che avevano presentato domanda di pensione, sono stati costretti a revocarla perché si sarebbero trovati senza stipendio e senza pensione per chissà quanto tempo.
In verità, senza stipendio e senza pensione continuano a trovarsi quei lavoratori dispensati dal servizio e collocati a riposo per malattia e i familiari dei dipendenti deceduti in servizio. In questi terribili momenti della vita, di tante famiglie di ex dipendenti dell’ASP di Reggio Calabria, si vivono i veri drammi sociali.
Purtroppo non si fermano qui i problemi per queste famiglie disperate, gli uffici preposti dell’Azienda Sanitaria non hanno ancora provveduto al pagamento dell’indennità di preavviso (4 mesi di stipendio previsti dalla normativa contrattuale del comparto sanità). Insomma, un mondo del lavoro gestito in maniera disordinata con gravissime responsabilità amministrative da risolvere subito, altrimenti saranno le Forze dell’Ordine ad intervenire. Non si può continuare a non aver rispetto per i lavoratori ammalati e per i familiari di quelli defunti. Si vive il dolore familiari senza soldi per mesi e mesi (alcune pratiche sono ferme da cinque mesi) e si nega la possibilità di cura agli ex dipendenti ammalati.
IL SEGRETARIO REGIONALE S.U.L.P.I.
Giuseppe Gentile