Ogni 20 settembre mi torna a mente Carlo Amirante; e posso ripetermi, tanto non si ricorda niente nessuno, a parte che gli è stata dedicata la via più lunga di Soverato.
Da un punto di vista della ricerca storiografica, il caso Amirante è un evidente esempio di come la storia NON si fa con i documenti, i quali spesso non sono molto attendibili, e non raramente manipolati. Ai maniaci delle scartoffie, basta ricordare che l’intera Europa venne sconvolta o regolata per sette secoli da un falso smaccato, la Donazione di Costantino, cui tutti cedettero. Padre Dante, che la considera causa di tutti i mali della Chiesa e dello Stato, e ne dimostra l’illegittimità teologica e giuridica, tuttavia pensa che veramente l’imperatore l’abbia scritta e firmata di suo pugno. Ci volle il Valla… e ancora decenni per far digerire che era una patacca.
Si licet magnis componere parva, noi abbiamo due documenti: l’Atto di nascita, che vuole Carlo vedere la luce a Soverato; e l’Atto di battesimo che invece lo fa mio compaesano di Cardinale. La questione è irresolubile, e del resto di poca importanza, come vedremo.
Secondo me, nacque a Soverato, e venne battezzato subito; la cerimonia fu formalmente ripetuta a Razzona con la nominale presenza, per procura, del Filangieri; e del vescovo di Squillace Pasquini, altrettanto per procura. Così dice l’atto cardinalese: L’anno 1852, il 4 Settembris l’Illustrissimo … Fra Concetto Pasquini dell’Ordine dei Minori Osservanti vescovo di questa diocesi di Squillace ha battezzato solennemente un infante nato tre giorni prima dai coniugi don Saverio Amirante, e donna Rosalia … nella fattoria dell’Eccellentissimo Principe di Satriano don Carlo Filangieri detta Razzona, la cui amministrazione lo stesso Amirante gestisce nel territorio del borgo di Cardinale, assistendovi il Clero di Chiaravalle, i nobili, e altri molti, e presente don Antonio Chiaravalloti di questa terra di Soverato per mandato dell’Illustrissimo Signor Vescovo, poiché i detti coniugi hanno domicilio nella località marina di S. Maria di Poliporto, e nomi dell’infante furono Carlo, Biagio, Concetto, Egidio, Raffaele. … fu padrino il principe Filangieri che ebbe per procuratore D. Raffaele della terra di S. Vito. L’arciprete Saverio Pavone”.
Il cavalier Saverio Amirante, napoletano, era l’amministratore della Razzona di Cardinale, dove il Filangieri aveva aperto una ferriera. Memoria del suo passaggio (a parte qualche pettegolezzo che non vi dico manco sotto tortura cinese!) è un’iscrizione che recita così:
A Carlo Filangieri
Principe di Satriano
per animo e per ingegno
non dissimile a Gaetano suo padre
e per gli egregi suoi fatti di guerra
gloria e decoro delle napolitane milizie
il cavaliere Saverio Amirante
rettore di queste magone in testimonio
di grato e devoto animo
l’anno 1856
Francesco Antonio Stagliano’
eseguì.
Razzona non ebbe buona fortuna. Amirante riportò la famiglia a Napoli. Carlo, battezzato per procura da Filangieri e chiamato in suo onore, percorse, come il suo illustre padrino, la carriera delle armi. Nato nel 1854, era giovanissimo sottotenente di artiglieria quando l’Italia, caduto Napoleone III sotto i colpi della Prussia, ebbe mano libera per attaccare Roma, rimasta a papa Pio IX.
Il 20 settembre uno spiegamento di forze davvero eccessivo, invaso il Lazio, giunse sotto le mura leonine. Il papa ordinò la resistenza, perché, secondo le convenzioni del XIX secolo, se non avesse resistito sarebbe stato considerato rinunciatario o abdicato. Il generale Klanzer, pur a capo di poche truppe, fece il suo dovere, e si contarono più di venti Caduti da entrambe le parti.
Il tenente Amirante, che comandava una batteria, colpì Porta Pia, ma venne ferito seriamente. Guarito, lasciò la divisa, chiese perdono al papa, abbracciò lo stato sacerdotale e si diede alle opere di misericordia. Morì nel 1934. La causa di beatificazione, promossa senza troppo impegno dalla Diocesi di Napoli, è giunta alla fase di Servo di Dio, secondo grado su quattro.
Non troviamo che Amirante abbia tenuto qualche rapporto con Soverato o con Cardinale. Ormai la via c’è, però palesemente esagerata, e sa di risposta a intitolazioni provocatorie e anticlericali come via Giordano Bruno!
Invece sia fra Giacomo, genuina gloria di Soverato; sia Francesco Marini, il fondatore della Pietà, devono accontentarsi di viuzze; e Cassiodoro di una senza abitanti.
Ulderico Nisticò