Con l’inizio della scuola si apre un nuovo anno di lavoro per milioni di giovani e allora “bisogna pregare gli dei affinché si abbia una mente sana in un corpo sano”. La citazione è dell’antico scrittore Giovenale e significa che un’anima forte ed un fisico robusto (e dunque la capacità di sopportare fatiche e dolori) aiutano l’individuo ad affrontare ogni difficoltà e a non temere nulla, neppure la morte. Decimo Giunio Giovenale non è uno scrittore proprio moderno, essendo nato tra il 50/60 a. C. e morto dopo il 127; eppure questa sua massima riceve quotidianamente giudizi positivi dalla scienza moderna, come ad esempio da uno studio condotto qualche tempo fa da ricercatori dell’Istituto di Medicina dell’Università di Goteborg (Svezia) secondo cui i teenager che svolgono attività fisica sono più intelligenti dei loro coetanei pantofolai e sempre in poltrona. Che la medicina psicosomatica abbia dimostrato quanto sia importante l’equilibrio tra mente e corpo per mantenere la salute, è cosa risaputa; così come è nota l’importanza per ogni individuo di fare sport ed utilizzare il corpo per scaricare la tensione, relazionarsi con gli altri e costruire una percezione del sé positiva. Oggi giorno, insomma, nessuno ha dubbi sull’influenza positiva che l’attività fisica (calcio, tennis, nuoto, atletica…) può avere nella formazione della personalità di un ragazzo, nel rispetto delle sue caratteristiche intrinseche. Ma nessuno, prima di questo studio svedese, aveva sostenuto che incoraggiare lo sport a scuola non solo possa aiutare a combattere le malattie legate allo stile di vita sedentario, ma potrebbe ridurre il rischio di “scarse prestazioni intellettuali e accademiche”.
I ricercatori di Goteborg hanno indagato se la buona forma aerobica (o cardiovascolare) e la forza muscolare fossero associate al quoziente intellettivo e al futuro status socioeconomico, analizzando il livello di fitness e le prestazioni intellettuali di tutti gli uomini svedesi (1,2 milioni) nati tra il 1950 e il 1976 al momento della visita per il servizio militare, a 18 anni. L’equipe ha anche considerato i fattori di origine genetica e familiare (analizzando i punteggi dei fratelli sia a livello di fitness che di capacità intellettive) e poi, nel corso degli anni, ha studiato l’associazione tra il punteggio iniziale e i risultati ottenuti nella carriera universitaria e lavorativa. E’ emerso così un forte legame positivo tra la buona forma cardiovascolare e l’intelligenza, ma non tra la potenza muscolare e il quoziente intellettivo. Inoltre, i ragazzi (15/18 anni) che avevano aumentato la loro attività sportiva, avevano registrato anche un aumento del punteggio nei test d’intelligenza rispetto ai ragazzi che negli stessi anni avevano diminuito la loro attività fisica, come si legge sui Proceedings of the National Academy of Sciences. A questo punto, viene spontanea la domanda: è nato prima l’uovo o la gallina? Ovvero sia, i ragazzi più attivi e costanti nell’esercitazione fisica sono più intelligenti o i ragazzi più intelligenti sono più costanti e portati all’attività fisica? “I dati dello studio, rispondono i ricercatori di Goteborg sono oggettivi perché basati non su questionari ma su misurazioni obiettive… occorreranno tuttavia nuovi studi per capire qual sia la causa e quale l’effetto”. Il solo fatto, dunque, di frequentare una palestra o fare attività fisica non è in re ipsa sinonimo d’intelligenza, non significa cioè sviluppare ed aumentare automaticamente il proprio quoziente intellettivo; ma è indubbio che per uno sviluppo armonico e completo della mente, occorra un regolare esercizio cardiovascolare. E’ ormai noto che una buona efficienza cardio-vascolare e respiratoria (resistenza aerobica) può elevare la capacità d’impegnarsi nella preparazione aumentando la quantità di lavoro che è possibile svolgere, favorendo il recupero e velocizzando il ripristino delle fonti energetiche.
Adriano V. Pirillo