In un recente rapporto dell’UIL dal titolo “ I costi della politica ” è attestato che ogni anno sono 23,3 i miliardi di euri assorbiti dal sistema politico. Le persone che lavorano – vivono di politica sono circa un milione e cento mila. Ogni contribuente italiano, di media, partecipa al mantenimento del settore politico con 757 euro annui. La Presidenza della Repubblica, la Camera dei deputati, Il Senato della Repubblica, la Presidenza del Consiglio dei Ministri; ha un costo pari a tre miliardi di euro annuo. Nelle ventuno regioni italiane si sta(?) procedendo all’eliminazione del Vitalizio di fine rapporto. Il numero dei consiglieri regionali sta diminuendo ma aumenta il numero degli Assessori Esterni. Dopo queste disquisizioni politiche, è opportuno evidenziare che tutti i cittadini che godono dei requisiti di legge potranno partecipare al Referendum Costituzionale fissato ad Ottobre 2016. Referendum che sarà di tipo confermativo, per cui non c’è un quorum da raggiungere. Agli elettori è chiesto di votare la loro intenzione di voler o meno di Riformare la Carta Costituzionale. il parlamento, oggi è composto da 1.008 tra onorevoli e senatori, ciò nonostante non hanno avuto la forza di approvare in parlamento la proposta di legge che è divenuta oggetto referendum. Il voto di Ottobre 2016 potrebbe modificare il così detto Bicameralismo Perfetto. Se vince il SI, avremo un Parlamento composto solo da una Camera Forte che avrà la funzione di legiferare. Avremo un Senato che svolgerà solo funzioni di rappresentanza. Spetterà alla Camera accordare o revocare la fiducia al Primo Ministro. Diminuiranno di certo “notevolmente” i costi di gestione del Senato che ammontano a circa 505 milioni di euro anno. Saranno nominati novantacinque Senatori direttamente dai Consigli Regionali a cui non spetterà alcuna indennità parlamentare. Cinque senatori saranno nominati dal Presidente della Repubblica, e ai futuri 100 senatori si aggiungono gli ex Presidenti della Repubblica oggi in vita.
Analizziamo cosa accadrà se vinca il SI: a-) cambieranno i requisiti legislativi per eleggere il nuovo capo dello stato; b-) sarà modificato il titolo V della Costituzione; c-) cambieranno i requisiti per indire un referendum popolare, d-) sarà eliminato dalla Costituzione la voce Provincia, e-) sarà abolito il CNEL, f-) cambieranno i requisiti necessari per eleggere i giudici effettivi della Corte Costituzionale. Il SI è sostenuto da Bassanini (ex ministro), Panebianco,Treu (ex ministro), Urbani (ex ministro), Ceccanti,Tabellini. Il comitato del SI segnala che una loro vittoria apporterà delle modifiche al titolo V della Carta Costituzionale,verranno ridotti i costi della politica,saranno migliorate la qualità delle leggi e dei decreti legislativi.
Analizziamo cosa accadrà se vinca il NO: Baldassarre, Manzella, Grassi, Neppi, Zagrebelsky, Asor Rosa, Pace, Adami, Azzariti, sostengono le ragioni del alla base del comitato del NO. La loro tesi: la sovranità deve rimanere nelle mani del popolo, per cui non esiste un valido motivo istituzionale che possa giustificare la modificare degli articoli iscritti nel capitolo quinto della Costituzione Italiana.
Entrambi i comitati sono costituiti da soggetti politicamente ben conosciuti che sono in antitesi. Entrambi pensano che bisogna incominciare a ridurre gli alti costi diretti e indiretti della politica elettiva che oggi ammontano a 23,2 miliardi di euro. Il referendum di ottobre sta alimentando forti contrastanti politici e culturali. Contrasti alimentati dal comitato del si contro il comitato del no e viceversa. La domanda, che forse, ogni cittadino italiano dovrebbe porsi è : Il primo ministro diventerà, se prevalgono i SI, un Capo Assoluto? La storia della nostra Repubblica, ci ha insegnato, che i cittadini italiani non amano le oligarchie politiche, burocratiche, tecnocratiche. La storia della costituzione che sta festeggiando i suoi primi settanta anni, ci fa comprendere che la libertà di ognuno di noi era stata annullata dal regime fascista. E’ stato il primo ministro e senatore a vita Monti (nominato da Napolitano) ad avere ridotto il numero dei consiglieri regionali. Nelle ventuno regioni italiane ancora,però, si stenta ad azzerare i vitalizi regionali, che per opportuna informazione sono nettamente superiori economicamente alla pensione percepita da un lavoratore pubblico e privato dopo 35-38-42 anni di servizio. Vitalizi regionali e forse nazionali che si rinviano sempre alla prossima legislazione. Si vuol ricordare che il sistema politico italiano ha dei costi pari a una legge di stabilità. E’ positivo che si voglia avviare una spending review sui costi della politica, se n’è parlato così tanto che è una panacea. Una cosa è certa, il voto di ottobre vinca il sì, vinca il no non avrà mai la forza di ridurre lo spazio della democrazia diretta, elettiva e popolare.
Personalmente penso di sostenere le ragioni del NO
Enrico Vaccaro