Ma vi è sembrato un patriarca, Filippo? E Catullo.


Un Patriarca

 Ieri sera la tv dava il processo a Filippo, l’assassino (reo confesso), di Giulia; stamani qualche giornalista di bocca buona e a corto di argomenti tirava fuori il patriarcato, cioè un sentimento di padronanza, di possesso, di dominio che il detto Filippo avrebbe provato nei confronti della povera ragazza. Conclusione, solito appello alla scuola, la quale, invece di trigonometria e aoristi, deve trascorrere la sua già difficile esistenza in mezzo a predicozzi… dei soliti noti.

 Se c’è mai stato uno che a patriarca non somiglia, quello è il patetico Filippo; che, da quanto sappiamo, e ben lungi dall’essere dominante, era palesemente un dominato, un dipendente da Giulia; quanto a Giulia, parce sepultae.

 Filippo, probabilmente non troppo ricco di esperienze precedenti, aveva bisogno di Giulia non per grandi passioni e turbinose vicende alla Jacopo Ortis, ma per andare all’università, anzi per andare a fare la banalissima spesa.

 Che poi le sue turbe siano giunte all’omicidio, ce n’è a sufficienza per tenerlo a vita sotto controllo, cioè in una cella spacciata per manicomio.

 E la scuola? Una cosa la può fare: rendere obbligatorio lo studio, in latino o anche in corretta traduzione, dell’epigramma 72 di Catullo, uno che d’amore, tramite depressione, morì; il quale distingue nettamente “amare” da “bene velle”. E penso che ci arrivi chiunque: voler bene è cosa da madri e padri e fratelli e amici e compagni di classe; amare è la passione.

La massima parte di quelli che noi, per effetto della letteratura romantica del XIX secolo, chiamiamo amori, sono in realtà (e meno male!) un onesto e mite voler bene; e funzionano proprio perché sono un volersi bene, mica altro.

Ecco cosa può insegnare la scuola, anzi lo deve, e io lo facevo: la chiave di lettura di ogni opera letteraria. Esempio: il Leopardi ama Silvia, ma se scendesse dal palazzo a parlare con lei, gli passerebbero tutte le fantasie, inclusa la citazione di Saffo della fanciulla che fila e ama.

Don Rodrigo mica è un rivale d’amore di Renzo, e tanto meno vorrebbe sposare Lucia. Orlando impazzisce perché non sopporta che Angelica, semplicemente, non lo ami, nonostante che Orlando sia Orlando eroe e nipote di Carlo Magno, e Medoro l’ultima scartina dei due eserciti messi assieme.

 Ecco cosa può fare la scuola: dimensionare le cose, e insegnare a Filippi di turno che una cosa è scrivere poesie (ahahahahah!), altra cosa è prenderle sul serio. Ora dovrei parlare di Emma Bovary, ma è tardi e vi saluto.

Ulderico Nisticò