Buone notizie dal Sud e dalla Calabria?


 Cominciamo dalle cattive: in Calabria il reddito pro capite è di € 54, contro il 99% della media nazionale. Però si legge che le esportazioni della Calabria sono cresciute del 18%. I due dati paiono in contraddizione, ma forse non è così; anzi magari è successo, in Calabria, quello che, secondo Virgilio, dice Enea ai Troiani mentre la città bruciava:

una salus victis, nullam sperare salutem,

 cioè i disperati non hanno nulla da attendersi da rimedi estemporanei e pannicelli caldi, che, in termini economici, sarebbero i vari interventi straordinari e sussidi e redditi e quella pestilenza del Sud e della Calabria che furono le assunzioni a qualsiasi cosa, con stipendio quasi senza prestazione d’opera.

 Tutti sappiamo che i “posti” non esistono più almeno dalla fine degli anni 1990, e in particolare da quando c’è l’euro. Non dovrei spiegarvelo, ma date un’occhiata agli uffici chiusi o ridotti al minimo; alle scuole accorpate, cioè con lo stesso numero di professori ma tantissimi impiegati in meno…

 Il primo effetto fu che molti andarono a cercarsi il “posto” altrove, per poi scoprire che nemmeno altrove il posto c’era.

 Aggiungiamo che un “posto” consente di vivacchiare nel piccolo paese con casa ereditata dal nonno; mentre lo stesso stipendio a Milano non basta per il 20 se non 15 del mese.

 A questo punto, direbbe Enea, delle due è l’una: o morire, o tentare il tutto per tutto. Forse è successo questo, e qualche giovanotto, dopo il 666mo concorso inutile, si è ricordato che il nonno gli ha lasciato anche un poco di terra, e che la terra può produrre; e se la produzione è buona, qualcuno la vuole. Sarà per questo che le esportazioni in Calabria crescono del 18%?

 Esempio. Un tempo, in Calabria, per dire che uno era ricco si gridava “ndava olivari… ”, cioè produceva moltissimo olio. Ma era (e ancora così lo si classifica) OLIO LAMPANTE (d’a lampa!), quindi peggio era la qualità meglio bruciava. Oggi l’olio lampante non lo vuole nessuno, mentre per la tavola si cerca olio extraverginissimo. Lo stesso per il vino… eccetera.

 Si sente dire che il tale prodotto agricolo meridionale ha mercato nel Nord Italia e all’estero: vuol dire che è roba buona?

 La roba è buona quando c’è valore aggiunto, non quando cade dall’albero come pensavano ai tempi di Rousseau dei Polinesiani. Dall’albero non cade niente direttamente in bocca; ma qualsiasi economia è frutto di lavoro. Lavoro, cioè intelligenza delle cose e della loro trasformazione; non fatica, che produce pochissimo e male. Si vede che qualcuno in Calabria, e nel Sud, lo sta capendo.

 Si può fare molto di più, a cominciare da un turismo che non sia caos di mezzo agosto, ma accoglienza nel territorio con tutta la sua complessità.

 Infine, una notazione morale: la disperazione dei Troiani divenne, passo passo, l’Impero Romano; se fossero rimasti a piangere, facevano la fine dei polli. Ecco un punto essenziale: bisogna combattere a sangue la cultura della lamentela e della depressione spacciata per filosofia. E anche di questo mi pare di sentire il profumo nell’aria: i piagnoni di professione vanno meno di moda.

 È ora di una cultura meridionale seria, senza fandonie di ricchezze che mai furono, ma anche senza luoghi comuni di tristezza obbligatoria e ben retribuita.

 Se tutto questo è vero, entro poco tempo lo vedremo.

Ulderico Nisticò