Una squadretta di riserve


 Non ho nozioni tecniche di calcio, perciò mi giovo dei commenti all’alba di tutti i giornali e tg, e di quel poco che ho giudicato con i miei disattenti occhi.

 Quello che mi appare è che non si può mettere assieme una Nazionale con la seguente formazione: Donnarumma Donnarumma Donnarumma Donnarumma Donnarumma Donnarumma Donnarumma Donnarumma Donnarumma Donnarumma Donnarumma, allenatore Donnarumma; ne servono altri, e Spalletti, che non è Rocco o Bearzot, ma nemmeno è l’ultimo arrivato, deve fare il fuoco con la legna che ha. E la legna non è buona, se qualcuno in campionato gioca da riserva.

 E dove la trova, la legna italica, se ormai le squadre italiane sono zeppe di stranieri? Quelli della mia età ricordano il Cile 1962, altra figuraccia; ma venne subito imposto un limite ai forestieri, e le cose migliorarono. E attenti che allora gli stranieri erano campioni per davvero, alla stregua di Charles, Haller… Oggi qualsiasi squadrucola ha il suo o più d’uno, e nessuno di loro è Sivori… Ovviamente, non penso a trucchi anagrafici alla francese: mi capisco da solo.

 E qui s’impongono riflessioni extracalcistiche, e che diventano politiche. Prima domanda: ma le squadre italiane sono italiane? La risposta è spesso un secco no. E se una squadra è di proprietà di un Pincopalla barbaro, costui ha interessi imprenditoriali, e anche di mettere stranieri per accordi o per finalità di tv e relativa pubblicità, e non gliene importa niente della Nazionale.

 Del resto, se l’Italia ha venduto a foresti la fu FIAT e un mucchio di altre imprese storiche, perché non dovrebbe farlo con il pallone? Qui non si pone più un problema della Nazionale, ma un problema di nazionalità e della Nazione come identità. Non cercate di capire male: dico Nazione, non burocrazia centralizzata e soldi.

 Torniamo al calcio per osservare che non esistono più le scuole calcio e i vivai, e gli osservatori che scoprivano i Boniperti nell’Oratorio dei Salesiani. Del resto, ragazzini debosciati che “vanno da qualche parte e bevono qualcosa”, spesso alcol e droghe, come fanno ad allenarsi e rispettare regole e orari e disciplina? E la scuola, che spazio dedica allo sport? E lo Stato, che fa per l’educazione della gioventù, e non solo sportiva? E il CONI e annessi, che fanno?

 Anche a questo proposito, occorre una sana cultura reazionaria. E mica solo per il calcio e per formare una Nazionale che non sia di trovatelli come quella del 29.

Ulderico Nisticò