La RAI ha un nuovo amministratore delegato, Roberto Sergio. Non dico nulla di lui, che non conosco, però mi permetto di sperare che faccia meglio della situazione attuale della tv pubblica, che è molto insoddisfacente.
Le prime trasmissioni televisive italiane sono del 1938, con una programmazione per la zona di Milano. Tornano nel 1954, con operazioni ancora sperimentali e limitate; nel 1960, con le Olimpiadi di Roma, molte famiglie fecero lo sforzo di comprare un apparecchio tv. Ci vuole tempo per un secondo canale; e ancora di più per un terzo, mentre si fanno spazio le reti private. I miei coetanei ricordano varietà di altissimo livello; film di valore; teatro classico… Oggi, grazie ai costi bassissimi degli apparecchi, le case brulicano di tv, e tutti i canali trasmettono i continuo, anche nel cuore della notte. Gli utenti, grazie a un comodo telecomando, passiamo velocemente da un canale all’altro e dall’altro all’uno, per concludere desolati che “Non c’è niente”.
È successo, infatti, un curioso fenomeno, tuttavia abbastanza ovvio: la qualità delle trasmissioni è inversamente proporzionale alla quantità. I tg sono politicamente corretti e guardinghi, e badano a non disturbare nessuno: nessuno, sia maggioranza e opposizione; tanto, sia opposizione sia maggioranza sono pro tempore, cioè i governi passano e i giornalisti restano.
Giornalisti? Bah! E consentitemi di dire che molti cognomi sono sospetti. E certi strafalcioni che sento mi inducono a pensare che tanti, tantissimi, sono lì per raccomandazione.
Film americani a tutto spiano, e in massima parte noiosi. Varietà banali e volgarucci. Satira che non fa ridere manco i polli, ed è palesemente ideologica.
Un’osservazione molto significativa: la radio funziona molto meglio della televisione; questa, infatti, se la cava con le immagini usate come toppa del vuoto, la radio deve andare all’antica, con la parola.
Conclusione, come si fa a riformare la RAI? Beh, facciamo due esempi. Il Napoli arrancava a metà classifica; ha preso un buon allenatore e bravi calciatori, e ha lo scudetto. Il Catanzaro era precipitato in C, e, con simili procedimento, ha vinto trionfalmente il suo campionato. Come hanno fatto? Ovvio, con la qualità del gioco e con una buona e corretta amministrazione.
Ecco come riformare la RAI. Beh, non ci sono più don Lurio e Delia Scala e Alberto Lupo come nei gloriosi anni 1960… e chi lo sa, se non stanno nascosti perché nessuno li cerca; o perché se uno manda una proposta di soggetto e sceneggiatura, la bocciano perché non è lottizzato?
Ecco la mia riforma: tornare alla qualità. La qualità, in tutti i campi, anche quello di calcio, ha un potere segreto e potentissimo, quello di essere selettiva; ovvero, se io non so giocare a pallone, non ci provo nemmeno a chiedere di essere convocato in Nazionale; se non so scrivere una sceneggiatura, ci rinuncio, se la qualità è alta. Se la RAI migliora, i ciuchi raccomandati si fanno da parte.
Riassunto: la riforma della RAI è imporre la qualità, che, attualmente, non c’è. Auguri, Roberto Sergio.
Ulderico Nisticò