Ancora sui soldi europei


 I meridionaldomenicali hanno una fantasia inesauribile, soprattutto, anzi quasi solo quando si tratta di soldi. S’inventano ricchezze che mai furono, e sognano ricchezze che mai saranno; e primati di giocattoli e telescopi, sempre e solo in edizione unica… eccetera. Quando invece vogliono piangere, spacciano un “genocidio” del Meridione, il che significherebbe almeno sei o sette milioni di morti su una popolazione, al 1860, stimata di dieci. Anche questa strage è come la felicità da loro fantasticata: mai entrambe avvenute.

 Attenzione, i meridionaldomenicali sono quasi tutti dialettofoni, e non traducono ma traslitterano in italiano scolastico. Un esempio, così mi capite: il dialettale “staju morenduuuu” significa, al massimo, un’emicrania, mica che sotto casa ci sono già le pompe funebri! Il nostro dialetto è rimasto al barocco, dove tutto era emozionante ed enfatico. Così parlano i nostri, in modo sempre esagerato; e per questo non crede loro nessuno.

 Per questa ragione di filosofia del linguaggio, se io scrivo che non fummo mai ricchi nei secoli passati, mi attribuiscono subito che, secondo me, eravamo morti di fame. E invece tra ricchezza e miseria ci sono evidenti e tantissime sfumature; a parte che la parola “ricchezza” non ha un preciso senso, nella storia dell’economia. Ma essi parlano in termini di vero/falso come i computer!

 Fatta questa premessa, veniamo ai fondi europei. Tutti, tranne i meridionaldomenicali, sanno che i fondi europei obbediscono a una precisa regola: prima i progetti, poi i soldi. E invece guardate cosa sono stati capaci di immaginare: siccome il paesello di Montagnanera o quello di Marinablù non hanno tecnici per progettare, l’Europa ci deve mandare i soldi prima, così i due sindaci in parola possono assumere… casualmente i cugini che sono tanto bravi…

 Insomma, dei fondi europei hanno capito, da bravi meridionali, che per qualcuno, casualmente cugino, ci scappa il posto fisso… a vita.

 Invece è tutto il contrario: prima i progetti, poi i soldi, ma solo se i progetti sono fatti come si deve, scritti in decente italiano, tradotti, eccetera.

 Ma i due paeselli… ebbene, esistono ditte specializzate nei progetti europei; si pagano, e via. Ovvio che, se il progetto è culturale, qualcuno deve metterci la cultura.

 La cultura, quella vera, non sbarchi di Ulisse a Nardodipace. Ragazzi, mica scherzo, l’hanno fatto sbarcare davvero anche lassù tra i monti, il ramingo figlio di Laerte.

 Ecco, provate a mandare a Bruxelles un progetto a colpi di Ulisse, e le risate si sentiranno dal Belgio a Malta.

Ulderico Nisticò