Draghi, la moneta immaginaria e i beni reali


 Mario Draghi dev’essere un’intelligenza duttile, il che me lo rende meno antipatico di un Prodi, di un Monti, di una Fornero, menti ottuse e libresche. Mi spiego.

 Incontrandosi con Macron, Draghi ha detto che bisogna rivedere il patto di stabilità, cos’è, questo PS? È l’antica teoria del contadino che, per risparmiare fieno, insegnò all’asino di restare digiuno; risparmiò, ma l’asino morì di fame.

 Ecco cosa sono i monetaristi: essi sono convinti che esista una “pecunia” senza “pecus”, mentre invece la pecunia è solo la rappresentazione del bestiame che effettivamente uno possedeva; e non vale per le bestie immaginarie e teoriche. I monetaristi hanno inventato l’euro, che però, quanto a valore intrinseco, è solo un foglio di carta colorato; e vale perché a ogni 01, 10, 100, 1000 € corrispondono adeguate quantità e qualità di grano, mattoni e quant’altro di tangibile serva alla vita umana reale; reale, non statistica!

 Anche Draghi, quando era solo un banchiere, lavorava sull’euro e solo sull’euro, cioè carta; quando è diventato presidente del Consiglio, si è accorto che l’euro di carta non si mangia; e che quindi occorrono bistecche, pane, vino… e le varie che ognuno di noi desidera. Si è anche accorto che queste cose non ci sono a sufficienza per tutti.

 Ora a Draghi serve un passo avanti verso la realtà: i beni non esistono nascosti come il tesoro di Sigfrido, o trattenuti da cattivi ricchi che non vogliono darli ai poveri. I beni esistono solo se vengono prodotti; e se forse Adamo ed Eva inizialmente mangiavano gratis, una volta cacciati dall’Eden (e solo allora iniziò la storia), vennero informati dell’esigenza di “guadagnarsi il pane con il sudore della fronte”.

 Se dunque ci sono dei poveri – e ce ne sono tantissimi – non è un problema di imperfetta distribuzione, ma di scarsa e insufficiente produzione. Una volta prodotti, i beni si distribuiscono da soli, anche se, ovviamente, non in parti uguali: se così fosse, infatti, sarebbe ingiusto, e soprattutto antieconomico.

 Per produrre i beni, c’è solo il lavoro.

 E l’euro? Ebbene, l’euro, come tutte le monete del mondo, deve obbedire al principio di s. Tommaso d’Aquino, e prima di lui di Aristotele: Usus pecuniae est in emissione; ovvero, i soldi iniziano ad esistere solo quando si spendono. Se no, si fa la fine del Regno delle Due Sicilie, che era privo di tantissime cose, però le casse dello Stato (dello Stato, non del re) erano zeppe di soldi inutili. Anche Ferdinando II, intuitivamente, era un monetarista.

 I soldi dunque vanno messi in circolazione; s’intende, con accortezza, con metodo, però non devono stare fermi. Qualche debito, o qualche punto di inflazione, sono come una febbre di crescita: possono fare bene.

 E anche le procedure vanno urgentemente semplificate. Come si fa? Con la responsabilità personale dei dirigenti e funzionari. Esempio: io voglio rappresentare teatro; mostro il mio progetto, il testo, l’elenco attori eccetera; la nota spese; e un dirigente, subito, mi stacca un assegno. Se invece di un teatro io scappo con la cassa, tutti in galera; e anche questo, subito!

Ulderico Nisticò