‘Ndrangheta – Arrestato 30enne latitante, è accusato di tentato omicidio


Un latitante, Antonio Campisi, di 30 anni, di Taurianova, ritenuto legato alla cosca di ‘ndrangheta dei Mancuso di Limbadi è stato catturato ad Ardore Marina (Reggio Calabria) dai finanzieri del Gico del Nucleo di polizia economica finanziaria di Catanzaro e da personale della Squadra Mobile di Vibo Valentia. Campisi è accusato, dalla Dda di Catanzaro – che aveva emesso un provvedimento di fermo nei suoi confronti – per il tentato omicidio di Domenic Signoretta, avvenuto il 19 maggio 2019 a Nao di Ionadi, nel Vibonese.

Una zia materna di Campisi è sposata con Giovanni Rizzo, figlio di Romana Mancuso, di 76 anni, appartenente alla generazione “degli undici”, il ramo storico del clan Mancuso.

Il padre di Campisi, Domenico, è stato ucciso in un agguato a Nicotera il 17 giugno del 2011. Secondo i racconti dei collaboratori di giustizia, a uccidere Domenico Campisi sarebbero stati Domenic Signoretta e Giuseppe Mancuso, figlio di Pantaleone “l’ingegnere”.

L’omicidio sarebbe stato dettato dal fatto che Domenico Campisi, ha detto il collaboratore Angelo Furfaro, “trafficava droga con i Molè, tenendo Pantaleone Mancuso all’oscuro di tutto”.

Proprio per questa ragione, ipotizzano gli inquirenti, Antonio Campisi avrebbe attentato alla vita di Signoretta: per vendicare la morte del padre. Campisi avrebbe agito in concorso con un esponente della cosca Molè e altri due individui sui quali si cerca di fare piena luce.

I due, secondo la ricostruzione degli investigatori, sono partitida Gioia Tauro alla volta di Nao di Ionadi il 16 maggio 2019 per effettuare una sorta di sopralluogo prima in prossimità dell’abitazione di Signoretta, poi vicino all’acquedotto dove poi verrà individuata la Fiat Uno rubata e poi incendiata con all’interno le armi impiegate per l’agguato.

Signoretta era sfuggito alla morte riparandosi dietro il muretto del cortile dell’abitazione nella quale si trovava, all’epoca dei fatti, ristretto agli arresti domiciliari in seguito a una condanna riportata per detenzione di un ingente quantitativo di armi.