Ebbene, sì, si è spento, o lo hanno spento. Un tempo, chi navigava di cabotaggio lungo lo Ionio, trovava conforto e sicurezza nei fari di Punta Alice, di Punta Stilo, di Capo Spartivento; e nelle luci, per poche che fossero, allora, di Crotone, Catanzaro Lido, Soverato, e nella Lanterna della chiesa di S. Andrea, che ancora fa luce. Se ne giovarono i capitani di tartane Giuseppe Fragomeno, 1829, di Siderno, mio bisnonno; e Cosimo Calabrò di Acciarello di Reggio, poi Villa S. Giovanni, mio quadrisavolo, che divenne soveratese ed è ceppo dei Caminiti. Se ne giovarono tantissimi altri, come mostrano le fotografie dei primi del XX secolo, che svolgevano i commerci per mare.
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I fari erano della Marina Militare, con un presidio; e giovavano alla navigazione in tempo di pace. Credo siano stati spenti durante la guerra, per difesa da incursioni aeree e navali angloamericane.
Oggi… oggi non siamo in guerra, però il faro lo hanno spento lo stesso. E siccome non passa più una nave da chissà quanti anni, e se rarissimamente passa è molto al largo e usa altri mezzi per orientarsi, diciamo pure che non serve più un faro, ed è meglio risparmiare corrente elettrica.
Ma ciò è molto triste. Una tartana del secolo XIX, in versione moderna, sostituirebbe non so quanti TIR; eviterebbe non so quanto spreco di carburante; e, visto che siete improvvisamente diventati tutti gretini, diminuirebbe di molto l’inquinamento e l’intasamento della 106, incidenti inclusi.
La 106, per la cronaca, è degli anni 1930, e rimasta sostanzialmente al 1930 (i ponti, mica cadono come a Genova; mica sono a rischio come a Catanzaro); quando le rotabili erano, per evidente linea politica, la terza scelta, dopo la prima, il mare, e la seconda, il treno. Oggi la 106, rimasta al 1930, non è la prima scelta, è l’unica; quindi non è una scelta ma un obbligo! E si vede, quando comandano gli Agnelli e i petrolieri.
I treni oggi sono un caso sporadico; le navi, non esistono. Esistono invece tanti, tantissimi porti, decine e decine di porti: ma solo nella fantasia dei politicanti in campagna elettorale, e nei bambinoni non cresciuti che inseguono Perle e Perline.
Che fare, di Punta Stilo? Un museo, per esempio, con storia della navigazione. Storia antica: i Cauloniati, cioè quella di Monasterace Marina, avevano l’industria del legno, e vendevano, scrive Tucidide, i semilavorati e la pece agli Ateniesi in guerra; o li volevano vendere, ma i Siracusani, nemici di Atene, bruciarono tutto.
Che decidere, dello spento faro? Se lo Stato non lo vuole, lo ceda al Comune; o in aggiunta al Parco archeologico di Kaulonia.
Ulderico Nisticò