172 miliardi e la fetta della Calabria


Premessa: ai 172 miliardi dell’Europa io darò retta solo se li vedo; e intanto sento dire che metà sono un prestito, e alle condizioni dell’Europa; e che arriveranno, alla meglio tra un anno, e probabilmente solo una prima rata… Premessa necessaria, così nessuno pensa che io creda alle favole.

Ma facciamo finta, e domandiamoci: dei 172 miliardi, qual è la fetta della Calabria?
E qui occorre una seconda premessa. Quando nel Meridione, e soprattutto in Calabria, si sente odore di soldi, tanti, tantissimi pensano subito a un bell’ente subregionale con 150 dirigenti e un (01) operaio in malattia. Ovvio che io la pensi del tutto al contrario: 150, 1500 operai sanissimi e un (01) dirigente, bene inteso distaccato dai sederi piatti della Regione, mica neoassunto.

Premessa terza. Il 95% delle disgrazie della Calabria, è colpa dei Calabresi, incapaci di programmare qualsiasi cosa che non sia posto fisso per ordine della mamma. E invece se mai avremo dei soldi, sarà solo a seguito di una seria e precisa programmazione; per la quale occorre gente con i baffi, non gli scaldasedie di cui sopra.

Esponiamo alcuni esempi.
Con la sola eccezione – molto discutibile – dell’autostrada, e di qualche ancora più discutibile rattoppo tipo Germaneto, le strade calabresi risalgono al Ventennio, più quelle provinciali di evidente scopo elettorale e tortuose, perciò, più del fiume Meandro. Strade ottime del 1930, non sono adatte al 2020; e vanno interamente rifatte.

Per rifarle, occorre strafregarsene del parere del sindaco, il quale vuole la strada sotto casa, con due o tre cartelli tipo Argusto di Soriero o quello che volevano a Satriano. Si assume – a tempo determinato, poi via – un ingegnere stradale giapponese, e gli si fa tracciare i percorsi.
Lo stesso per la ferrovia ad alta velocità: e qui entriamo in argomenti tecnici, che lascio ai competenti. Ci serve, secondo me, una linea veloce Napoli – Reggio, con le opportune e ammodernate diramazioni per Cosenza e Catanzaro; e, sullo Ionio, una metropolitana con finalità turistiche; se non è veloce, meglio, così ammirano il panorama.

Agricoltura. Ho detto e ripeto, urge l’esproprio proprietario, per ricostituire le unità agrarie produttive; e, dove è utile, il latifondo. Il tutto, con un piano regolatore agricolo, che suggerisca le coltivazioni opportune: e chi non lo segue, lo fa a spese sue e non vede un centesimo.

Industria. Vi ricordo SIR, Saline, Isotta Fraschini e infinite altre truffe. Qualche anno fa, la Calabria vantò il primato nazionale di apertura di nuove aziende, circa 1000; l’anno dopo, ne restava una (01). Erano, ovviamente, capannoni di cemento chiusi e vuoti; e società presto artatamente fallite. Ora provate ad immaginare questa scena teatrale: è il giorno dell’inaugurazione, e arrivano autorità civili e militari e religiose davanti alla porta sprangata; alati discorsi a botta di “finisce finalmente l’arretratezza… “; segue ricchissimo buffet. Se io fossi il prefetto, il questore, invece, ordinerei così: “Apra la porta, voglio vedere i macchinari”; e alla scontata risposta “Sono in arrivo, c’è stato un intoppo… ”, farei subito arrestare il lestofante e lo spedirei nel più buio carcere. Sono stato chiaro?
Quanto al turismo, serve un piano regionale per le spiagge; e la reinvenzione delle forme alternativa al mare, oggi quasi assenti.

Eccetera, ed ecco come spendere utilmente i soldi che magari dovessero arrivare. Ah, dimenticavo la cultura, che in Calabria va ripresa da zero, con eliminazione di piagnistei e antimafia segue cena; e stimolo alla cultura vera, con evidenti vantaggi anche del turismo culturale.
A proposito, avete notizie di una politica culturale della Regione? Io, no.

Ulderico Nisticò